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Full text of "Beatrice Cenci; melodramma tragico in tre atti. Parole de Davide Rabbeno. Musica del maestro Giuseppe Rota, scritta espressamente pel R. Teatro di Parma, da rappresentarsi nel carnevale 1862-63."

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MELODRAMMA  m  m  ATTI 


■ 


HB3ZIÌS 


MELODRAMMA  TRAGICO  IN  TEE  ATTI 

PAROLE 

DI  DAVIDE  RABBENO 

MUSICA  DEL  MAESTRO 

GIUSEPPE  ROTA 

SgRITTA  ESPRESSAMENTE  PEL  R.  TEATRO  DI  PARMA 
DA  RAPPRESENTARSI 
NEL  CARNEVALE    1862  -  63. 


PARMA 

ni»0(ìRAF!A    DELLA   GAZZETTA    DI  PARMA 

1363. 


//  presente  libretto  é  di  esclusiva  proprietà  del- 
l' Autore  dell'  Opera  e,  a  norma  delle  leggi 
ne  sono  quindi  proibite  la  ristampa,  X  intro- 
duzione e  vendita  di  ristampe  estere. 


AVVERTIMENTO 


//  nome  e  la  nefandezze  di  Francesco  Cenci  lasciarono  nella 
Storia  Italiana  del  XVI  secolo  una  pagina  di  sangue  e  di  delitti.  La 
sua  tragica  morte  e  il  supplizio  \della  sedicenne  sua  fi  gita,  Beatrice, 
accusata  rea  di  parricidio,  formano  il  soggetto  del  presente  Melodramma. 

La  incertezza  in  cui  ne  lascia  la  storia  sulla  colpabilità  di  Bea- 
trice, suggerì  all'  illustre  scrittore  e  romanziere  Francesco  Domenico 
Guerrazzi  il  pensiero  di  rovistare  scritti,  memorie  e  racconti  di  quei 
tempi,  leggere,  studiare,  confrontare  le  accuse  e  le  difese  che  gli 
archiyj  Roma  conservano  tuttavia  religiosamente.  Parve  a  lui  di 
dovere  argomentare  da  questo  esame,  la  innocenza  di  Beatrice,  e  sem- 
br and, gli  ravvisare  nella  tragica  fine  di  questa  angelica  creatura  un 
preconcetto  proponimento  de'  suoi  giudici,  lo  fece  esclamare  colle  seguenti 
amorose  parole  :  »  Sorgi,  infelice,  dal  tuo  sepolcro  d'  infamia  e  svelati, 
n  quale  tu  fosti,  angiolo  di  martirio.  Lunga,  riposa  P  abbominazionc 
i»  delle  genti  sopra  il  tuo  capo  incolpevole,  e  non  per  tanto  reciso,  u 
Io  credei  non  fare  onta  alla  storia  se  mi  appigliai  alla  cre- 
denza dell'  esimio  letterato  e  se  inventai  probabili  cpisodj  siccome  a 
svolgimento  del  Melodramma. 

I  limiti  angustissimi  imposti  dalla  musica  odierna  allo  scrittore  me- 
lodrammatico,  m' impedirono  di  porre  in  rilievo  alcuni  tratti  interessanti 
di  questo  terribile  dramma,  quali  ce  li  dipinge  meravigliosamente  V  in- 
gegno forte  e  originale  del  Guerra: zi.  Il  benigno  lettore  voiu\  esstrnù 
indulgente  se  più  clic  ad  altro,  dovetti  obbedire  alle  leggi  della  musica 
e  della  scena. 


PERSONAGGI  ARTISTI 


FRANCESCO  CENCI   padre  di 

BEATRICE  

GUIDO    GUERRA,   amante  di 

Beatrice  . 

Principe  SFORZA  promesso  spo- 
so di  Beatrice  

MARZIO  bravo  di  Francesco 
LUCREZIA  moglie  di' Francesco 

CARDINALE.  / 

Un  religioso  j 


Sig.  Alessandro  ÌY  Antonj 
Sig.a  Isabella  Galletti-Gìanoli 

Sig.  Gaetano  Pardini 

Sig.  Gn ciano  Mora 
Sig.  Eraclito  Bagayiolo 
Sig.a  Eleonora  Parodi 

Sig.  Nicola  Adoni 


CORO 

Darne,  Damigelle;  Principi,  Cavalieri, 
Famigliari  di  Francesco,  Uscieri,  Popolo,  Suore, 
Sacerdoti,  Popolani  e  Vrilanel!e. 

COMPARSE 
Armigeri,  Guardie,  Paggi,-  Carnefice,  Religiosi. 

La  Scena  è  in  Roma* 

Epoca  1599. 


(Le  indicazioni  di  destra  o  sinistra  sono  dalia  Platea.) 


SCENA  I. 

Gran  sala  nel  palazzo  Cenci;  è  preparato  un  ricco 
banchetto,  Sontuosi  arredi,  molte  e  belle  pitture  ador- 
nano la  sala.  Una  porta  in  mezzo  e  due  laterali. 
Principi,  Marchesi,  Duchi,  Dame  e  Damigelle  en- 
trano. Mistero  e  sorpresa  dominano  sui  convitati. 

Principi,  Marchesi,  Duchi,  Dame  b  Damigelle. 

I.*  Coro  Ben  pronti  accorremmo  -  di  Cenci  al  convito, 
II/        Fu  troppo  cortese  -  del  Conte  F  invito, 
1/  Di  gioje  cotante  -  qual  causa  ne  fia  ? 

Più  lieto  e  festante  -  mai  Cenci  sembrò. 
Tutti      La  causa  n'  è  ignota  -  è  strana  tal  festa, 
Mistero  è  il  tripudio  -  a  cui  ne  invitò  : 
Ei  giunge,  Beatrice  -  fra  noi  pur  si  reca 
Ma  agli  atti,  ai  sospiri  -  che  tragge  dal  cor 
Ben  trista,  infelice  -  ne  sembra  tuttor. 


6 


SGENA  II. 


Francesco  Cenci,  Beatrice,  Lucrezia,  Marzio 
mascherato  e  detti. 

Frano.  Gli  ardenti  miei  voti  -  a  compiere  giunti 
Voi  siete  o  signori.  -  qui  tutto  risplenda, 
Sol  riso  di  gioia.  -  In  questo  geniale 
Festevol  convito  -  un  velo  si  stenda 
Su  quanto  ha  di  triste  -  F  ingrato  destin. 

Beat.   Non  so  frenare  il  tremito  {piano  a  \Lucrezia  ) 
Che  ogni  mia  fibra  assale. 

Lucr.   Io  pure  o  Beatrice 

Di  grave  orribil  male 
Sento  presago  il  cor. 

Coro    Sebben  che  ignota  e  mistica 
Ne  sia  la  causa  a  nof, 
Divideremo  il  giubilo 
Di  te,  signor,  do*  tuoi. 

Frano.  Or  di  spumante  liquido  (  con  gioja  feroce ) 
Il  calice  riempire 
Amici,  via  dobbiam 

(  a  Beat.  )  Bando  a  ogni  duolo,  ali*  ire, 

Ora  di  gioia  è  questa. 
Beat-   Ahi  !  che  que!F  alma  d*  ogni  senso  è  muta 

D'  amore  e  di  pietà,  {fra  se ) 
Frano.  Dunque  sciogliamo  un  brindisi,  {al  Coro) 

Tu  pur  Beatrice  sciogliere  {a  Beat.) 

Note  di  gaudio  or  dèi.  (  coli'  accento  e  col  gesto 

imperioso  ) 

Brindisi 
È  ben  folle  chi  nei  core 

Solo  ambasce  e  duolo  aduna  , 
Oh!  sfidiarn  la  rea  fortuna 
Fra  il  tripudio  ed  i  piacer- 


7 

Coro    Oh!  afidiam  la  rea  fortuna 
Fra  il  tripudio  ed  i  piacer. 
Frano.        Su  beviamo  e  nel  sembiante 
Gioja  splendida  baleni, 
Della  vita  i  dì  sereni 
Faccia  il  canto  ed  il  bicchier. 
Coro        Della  vita  i  dì  sereni 

Faccia  il  canto  ed  il  bicchier. 
Beat.  (  ripugnante  abbassa  lo  sguardo,  ma  ad  un 
cenno  di  Francesco  ripete  in  flebile  suono) 
È  ben  folle  chi  nel  core, 

Fiere  ambasce  e  duolo  aduna 
Oh!  sfidiarn  la  rea  fortuna 
Fra  il  tripudio  ed  i  piacer. 
(piangente)  Ah  Padre  mio  (piano  a  Frane.) 
Deh!  cessa  al.fiu 
Tal  gioja  o  Dio 
Morir  mi  fa. 

Marzio  e  Lucr.  Simular  la  gioja  e  il  riso  (fra  loro) 
Col  dolor  che  strazia  il  core 
È  un  martirio  che  maggiore 
Che  più  barbaro  non  v'  ha. 

Frano.        Almo  gioir  ne  inspira 

Di  tal  letizia  il  canto, 

E  sol  di  duolo  e  pianto 

L'  accento  tuo  suonò?  (a  Beatrice) 

Beat.  Ora  di  gioja  è  questa 

Se  dianzi  Edgardo  tuo 
Morte  rapìa  precoce? 

Coro  Oh!  gli  moriva  un  figlio 

•  E  ad  esultar  ne  invita!  (fra  loro  ). 

Frano.      Benigno  il  fato  provvido  (con  simulata  calma) 
Il  mio  desir  compiè. 
Or  v'invitai  per  sciogliere 
Inni  di  grazie  al  Ciel, 


8 

Perchè  due  figli  reprobi 
Disceser  nelP  avel. 
Coro    Orror  quell'empio  inspira  (fra  loro) 

Usciam  da  queste  mura,  (per  partire  ) 
Frànc.     Fermate,  e  pria  di  riedere 
Ai  vostri  lari,  il  canto 
Ripeterete  ancor. 
Tutti      Empio  sarìa  tal  canto  (  con  sdegno  ) 
Lucr.  e  Beat.  L*  ira  d*  un  Dio  terribile 
Sfidar  potrìa  tal  canto. 
Ora  di  lutto  e  pianto 
Suona  per  noi,  per  te. 
Marzio.         Oh!  piomberà  terribile  (fra  se) 
Su  te  la  mia  vendetta, 
L*  ira  d'  un  Dio  t'  aspetta 
Che  un  empio  punirà. 
Coro  1/  ira  d*  un  Dio  terribile 

Ch'  han  P  opre  tue  sfidato, 
O  padre  snaturato 
Cadrìa  su  noi,  su  te. 
Frakg.        Lo  sdegno  mio  terribile 
A  cimentare  osate? 
E  1'  opre  censurate 
D'  un  Cenci,  e  la  sua  fè  ? 
Coro  Si  partiam  da  queste  mura 

Maledette  dal  Signor, 
De'  tuoi  detti,  oh!  chi  si  cura 
Chi  non  spregia  il  tuo  furor!  (partono 

sdegnati  ). 

Marzio    De' suoi  detti,  oh!  chi  si  cura  (fra  se)  # 

Chi  non  spregia  il  suo  furor. 
Frano.     Partite?  Oh!  più  che  Tira 

Destate  in  me  pietà.  (  seguendoli  fino  alla 

soglia  della  sala  ). 


SGENA  III. 


9 


Francesco  solo* 

L'  ira  frenar  m"  è  forza  .  .  .  .  ( siede  e  dopo 

Sanguinoso  è  P  insulto.  breve  pausa  ) 

Un  di  col  ferro  su  costor  piombava 

Lo  sdegno  mio,  nè  inulto  (  si  alza  con  impeto) 

Mai  rimaueva  un  Cenci,  (pausa ) 

Ma  di  quest9  anui  il  carco 

Ahi!  misero  mei  vieta. 

Per  me  che  vai  sì  splendido 

Fasto  che  mi  circonda, 

Se  il  braccio  non  seconda 

I  voti  del  mio  cor. 
*Darei  dell'  oro  il  fascino 

Che  splende  a  me  d'  intorno, 

A  chi  per  solo  un  giorno 

Rendesse  a  me  il  vigor,  (parte) 

SCENA  IV. 

Anticamera  che  conduce  alla  stanza  di  Beatrice.  Di 
prospetto  un  gran  verone  con  vetri.  Più  in  là  pur 
di  prospetto  una  porta  con  coltrine  che  lascia  scor- 
gere la  stanza  di  Beatrice.  Una  poltrona  e  un 
tavolo  con  orologio  a  pendolo. 

Beatrice  sola,  pensosa  s'  avanza  lentamente. 
È  vestita  a  bruno. 

Beat.      Oltre  ogni  umana  idea 

Immenso  è  P  amor  mio  per  Guido,  ed  ora 

Obbliarlo  degg'  io? 

E  un  genitor  P  impone! 

Ahi!  misera  noi  posso  .... 


IO 

Ah!  non  credea  che  a  piangere 

FosH  dal  Cielo  eletta, 

Quando  al  tuo  seno  stretta 

Beavami  d'  amor. 
Guido  tu  fosti  P  angelo 

Si  P  alma  mia  tu  sei, 

Luce  degli  occhi  miei 

Balsamo  al  mio  dolor. 

SCENA  V. 

Marzio  {smascherato)  frettoloso  e  betta. 

Beat.      Or  che  mi  rechi  o  Marzio? 
Marzio    II  canto  udìa  di  Guido  (cautamente) 
Là  dall'  opposto  lido, 
Attento  m*  accostai;  è  desso 
Che  a  te  furtivo  riede. 
Beat.      Oh!  che  mai  sento!  Guido 

In  queste  soglie?  ah!  sconsigliato!  Vola,, 
Digli  che  d'  uopo  è  in  pria 
Vegga  la  madre  mia. 
Marzio  (  &'  inchina  e  parte  ). 
Guido.  (  dall'  interno  ) 

Che  non  ni' è  dato  assidermi 
In  tutte  P  ore  accanto, 
Di  te  che  sempre  pascere 
Veggo  d'  amaro  pianto, 
Di  te  che  adoro  e  venero 
Come  di  Dio  l'aitar. 
Beat.  Di  Guido  il  canto!  io  fremo. 

SCENA  VI. 
Guido  entra  correndo  e  detta. 

Beat.  Fuggi,  deh!  fuggi!  o  Guido  .... 
Guido.  Fuggir!  tu  dici  .  •  .  •      oh!  mai 


m 

Vorrei  quelle  tue  lagrime 
Tergere  sempre  o  cara, 
Vorrei  per  sempre  toglierti 
A  queir  angoscia  amara 
Che  alla  virtù  cT  un  angelo 
Sol  dato  è  sopportar. 
Ah!  si  Beatrice  mia 

Ch'  io  ti  rivegga  eh'  io  ti  stringa  al  seno. 
Bjeat.  Da  questo  loco  involati 
Che  il  rio  destino  infido 
Giammai  potrìa  cangiar. 
Guido!  pe' giorni  tuoi, 
Di  sua  vendetta  io  tremo.... 
La  madre  mia  vedesti? 
Guido.     La  vidi  e  tutto  io  so, 

Io  so  che  ad  altro  sposo  ei  ti  destina. 
Beat.      E  come  osasti?  inesorabil  1'  ira 

È  di  Francesco,  e  ad  affrontarla  ardisci? 
Guido.     Tutto  oserei  per  toglierti 
All'  odio  ed  al  furor, 
Di  lui  che  il  tuo  carnefice 
Farsi  potrebbe  ognor. 
Più  che  P  amor,  delirio 
Mi  riconduce  a  te, 
Riposto  bo  in  te  belP  angelo 
Di  questo  cor  la  fè* 
Beat.      Ah!  tu  non  sai  quai  furie 
Or  mi  fan  guerra  in  cor, 
È  del  timor  che  m'  agita 
Pari  P  immenso  amor. 
Ahi!  tristo  inesorabile 
Pesa  il  desti  n  su  me, 
Grave  e  fatai  periglio 
Sovrasta  o  Guido  a  te. 
Guido.     M'odi  Beatrice  mia,  un  pensiero  arcano 
A  te  svelar  mf  è  d*  uopo. 


12 

Beat.         Quale  ? 

Guido.  A  involarti  io  venni* 

Beat,  (colpita)  Oh!  che  mai  dici!  e  come? 
Guido.     L'ira  di  Cenci  affronterò  lo  giuro, 

Della  vendetta  il  segno 

Di  lui  sarò,  Di  questa  vita  il  peso 

A  me  non  cai,  ma  dalla  soglia  infame 

Strapparti  io  vuo'  (  risoluto  ). 
Beat.  ( spaventata  )     No  Guido,  ah!  no  noi  deggio. 
Guido.     Meco  verrai  Beatrice.  (  risoluto  ) 
Beat.      No;  no  giammai,  non  fia 
Guido.     Ah!  no  dicesti?  esangue 

Ai  piedi  tuoi  cadrò. 
Beat.      Ah!  Guido!  Guido!  dell'onore  il  grido 

È  in  me  possente  e  ad  obbedirti  il  vieta. 
Guido,     Oh!  che  mai  sento!  e  quale 

Quale  del  nostro  amore 

Fora  poter  maggiore? 

Deh!  Beatrice!  (supplichevole}. 
Beat,  (titubante)  Ah!  Guido!  (abbassando  il  capo). 
Guido.     Vieni  deh!  vieni  e  d' inefabil  giubilo 

Or  tu  m' innondi  il  cor.  (  con  entusiasmo  ) 
Beat.      Ceder  m'  è  forza  or  dunque 

A  questo  immenso  amor? 
Guido.  Beatrice!  ...  (con  passione) 

Beat.  Guido!  . . . 

Guido.  Ebben  ! . . . 

Beat.  . . .  Teco  verrò,  (con  cieco  tra- 

(a  2)  sporto) 
Ah!  si  che  ai  palpiti 
D'  un  cor  che  freme, 
LT  amor,  la  speme 
Maggior  si  fa. 
(Odesi  un  interno  rintocco  di  campana,  indi  un  canto 
funebre.  Vedesi  diffilare  appena  dal  verone  il  cor- 
teo di  Edgardo. 


43 


Beat,  {inorridita  si  stacca  dalle  braccia  di  Guido ^ 
Cielo!.- Edgardo!-  ed  io!..  Orror..  Guido  mi  lascia. 

Guido.  Beatrice!  {fissandola  con  disperazione  ). 

Beat.  Ohimè  !  io  manco...  (  sviene  e  s%  abbandona 
fra  le  braccia  di  Guido  il  quale  la  sorregge, 
V  adagia  sulla  sedia  e  la  contempla  estatico). 

Coro  Funebre  interno 

Come  innocente  vittima 

Degli  anni  tuoi  sul  fiore, 

Volasti  in  Ciel  cogli  angioli 

Nel  bacìo  del  Signore; 

Pace  al  tuo  spirto  angelico 

Ti  sia  concesso  o  Edgardo! 

Degni  su  te  rivolgere 

Pietoso  Iddio  lo  sguardo. 
Guido.  (  come  forsennato  f  aggira  per  la  scena  ) 
Che  far  mi  resta!  un  più  propizio  istante 
Mai  pili  per  me  non  fora 

Ed  io  ti  lascierò  ?  (  si  ferma  a  guardarla  fis  a 
baciando  le  sue  sparse  chiome) 

Bella  nel  tuo  pallor  quanto  più  cara 

Sei  tu  Beatrice  a  me! 

Quanto  t'  adoro  ! 
Beat,  {riavendosi)  Ah!  Guido 
Guido.  Insiem  fuggiara  {palpitante  e  sotto  voce) 
Beat.      (  nella  massima  agitazione)  No. 
Guido.  (  supplicante  )  Vieni. 

Beat.  Fuggi,  fuggi. 
Guido.  Giammai. 
Beat.  Mi  lascia . . .  (  esitando  ). 

Guido.  Io  t'  amo  ( con  trasporto  ) 

Beat.  (  nella  massima  esaltazione  ) 


44 

(a2) 
Ah  !  no  che  air  estasi 
Del  nostro  amor, 
A  tanto  spasimo 

Non  regge  il  cor.  (s'avviano  per  par- 
tire). 

SCENA  VII. 
Francesco  e  detti. 

Frano.  (  apparisce  suW  uscio  della  stanza  e   /  està 

immobile  ). 
Guibo.     Ah!...  Francesco!...  (fi a  se). 
Beat.  Me  misera!  (fra  se)  (pausa) 

Frano.  (    avanza  lentamente  ) 

Ah!  tremate!  n'avete  ben  d'onde 
Figlia  ingrata!...  e  tu  vii  seduttore! 
A  quest'onta  fia  pari  il  furore 
La  vendetta  che  invoco  per  te. 
Beat.  (  f  inginocchia  davanti  a  Francesco  ) 
Perdona  o  signore 
Perdona  a  una  figlia 
Che  un  candido  amore 
A  tal  la  consiglia 
A  tale  un  errore 
Che  compier  non  sa. 
Frano.     Perdono?  ah!  no  giammai,  (risoluto) 
Guido.        Tu  preghi!  Oh!  rialza 
La  fronte  sicura» 
Da  terra  t' innalza 
Che  P  anima  pura 
Qual  F  aura  che  spiri 
In  petto  ti  sta. 
Frano.     À1F  insulto  tu  aggiugoi  lo  sprezzo? 


15 

Guido,     È  P  orgoglio  dell"  uora  che  innocente 

Puro  il  core  nel  petto  si  sente. 
Frano.     Alle  tue  stanze  riedere  (  a  Beat.  ) 
T' impone  il  genitor. 
T'allontana,  fin  che  Tira  (a  Guido) 
Io  raffreno  a  lei  d' inante. 
Sciagurato!  un  solo  istante 
La  potrìa  su  te  scagliar. 

Beat,  e  Guido  Si  partiamo,  ma  pura,  innocente 
É  quest'  alma  sol  rea  d'  un  amore, 
Che  più  ardente  non  può  in  uman  core 
Albergar  nel  suo  puro  candor.  (partono) 

SCENA  Vili. 

Sotterraneo  della  Chiesa  di  S.  Tommaso  de' Cenci. 
È  tutta  parata  in  lutto ,  lungo  le  pareti  pendono  lu- 
gubri gramaglie,  dappertutto  veggonsi  ghirlande  di 
fiori  intrecciate  di  rami  di  cipresso,  sette  sepolcri  di 
marmo  bianco  scoperchiati,  uno  grande  con  porta 
avente  la  iscrizione  (a  caratteri  di  fuoco)  mors  pa- 
rata vita  contempta.  Hawi  da  un  lato  del  sotter- 
raneo una  capella  illuminata.  In  mezzo m  il  cata- 
letto con  faci  accese  d' attorni 

Fu  a nc.  (S' avanza  lentamente  con  Beatrice  per  mano 
che  esita  ad  inoltrarsi  ). 

T'avanza,  ond'è  che  tremi? 
A  un  genitor  che  t'ama 
Tu  non  sei  forse  accanto? 
In  me  t'affida,  del  tuo  cor  la  pace 
Da  te  dipende. 
Beat.  Come  ? 


16 


Faanc.  IT  amor  di  Guido  fuggi  e  la  tua  mano 

A  Sforza  porgerai. 
Beat,  Peggior  di  morte  è  cotal  cenno  o  padre, 
E  Fabborrito  nodo 
Fia  peggior  d'  ogni  male. 
Frang.  Una  ripulsa?  e  F  osi  tu  ad  un  Cenci!  (con  impeto) 
Beat.  M'ascolta  (supplichevole) 
Frano.  Altro  non  odo 

Di  Storza  all'imeneo  d'uopo  è  piegarti. 
Beat.  No,  noi  deggio,  noi  posso. 
Frano.  No!  tu  dicesti!  orribile  sciagura 

Empia  t'  aspetta. 
Beat.  Ohimè  !  che  dici!  ...  io  fremo. 

Frang.  Tu  non  sai  di  qual  odio  mortale 

Spira  a  un  Cenci  di  Guerra  il  sol  nome, 
Questo  amore  insensato,  fatale, 
Di  sventura  cagion  ti  sarà. 
Beat.  No,  strapparmi  tal  fiamma  dal  petto 
Forza  umana  non  vale  o  signore, 
E  il  martirio  a  sì  candido  affetto 
No  che  spegner  Fardor  non  varrà. 
Frang.  M' odi  Beatrice,  ad  un  più  duro  eccesso 

Tu  mi  costringi.  .  .  .  insistere  non  dèi.  (sdegnoso) 
Beat.  Che  son  tuo  sangue  ah  !  pensa 

Abbi  di  me  pietà. 
Frang.  Se  di  Guido  la  vita  ti  cale, 

Alle  nozze  doman  dello  Sforza 
Ti  disponi;  se  il  nieghi, . . .  fatale 
Questo  giorno  per  Guido  sarà. 

(  additandole  minaccioso  il  pugnale  ) 
Beat.  Ah  !  sospendi  la  parola 

Che  m'agghiaccia  il  core  in  petto, 
Me  soltanto  o  padre  immola 
Al  tuo  sdegno  punitor. 
Frano»  Da  un  tuo  cenno  la  sua  vita.... 


17 


Beat.  Non  prosiegui. 

Frano.  Ti  risolvi  (con  gesto  imperioso  e  fiero) 

Beat.  Cessa.  .  .  .  ebbene.  .  .  .  obbedirò. 

Frano.  Sulla  tomba  degli  avi  lo  giura. 

Beat.  Oh  !  che  dici  tu  fremer  ini  fai. 

Frano,  (l'afferra  per  mano  e  la  sforza  avvicinarsi  a 

una  tomba)  Giura,  o  Guido   (minaccioso) 

Beat,  (coprendosi  il  volto)  Deh!  cessa...  lo  giuro...! 

(stendendo  la  mano) 
Frano.        »  È  sacro  sugli  estinti 

w  È  sacro  il  giuramento. 

m  Temi  fatale  evento 

»  Se  F  oserai  sprezzar. 
Beat.  »  Sull"  infelice  estinto 

«  Il  fiero  giuramento 

w  Orribile  Io  sento 

*  Suiralma  mia  pesar.  (Francesco  si  ri- 
tira.  Beatrice  cade  genuflessa  sulla  tomba, 
intanto  alcuni  tocchi  di  campana  accennano 
aW  arrivo  del  corteo  ). 

SCENA  IX. 

Sacerdoti  che  portano  la  bara  di  Edgardo  e  la  de* 
pongono  sul  cataletto.  Paggi,  con  ceri  accesi.  Prin- 
cipi, Marchesi,  Duchi  sieguono  la  bara,  indi  Lu- 
crezia e  Damigelle  vestite  in  lutto. 

Marzio  e  Guido  avvolti  in  manto  bruno»  Guido  ha  la 
visiera  calata.  S'aggirano  in  fondo  alla  scena. 

Coro  funebre. 
Coro  Come  innocente  vittima 

Degli  anni  tuoi  sul  fiore, 
Volasti  in  Ciel  cogli  angioli 
Nel  bacio  del  Signore. 


48 

Pace  al  tuo  spirto  angelico  .1 
Ti  sia  concesso  o  Edgardo! 
Degni  su  te  rivolgere 
Pietoso  Iddio  lo  sguardo. 
{tutti  spargono  fiori  sulla  salma). 
Guido  (tra  la  folla  osservando  Beatrice,  fra  se) 
»  Qual  di  palor  cospersa 
«  Ti  veggio,  o  Beatrice  ! 
»  Come  su  te  infelice 
»  Pesa  sì  rio  destiti  ! 
Lucr.    (accorrendo  frettolosa  presso  Beatrice) 
O  figlia  !  ond'  è  che  nel  cornuti  dolore 
Or  tu  da  me  ty  involi  ?  (a  parte) 
Invano  io  ti  cercai.  ...  tu  m9  abbandoni? 
Beat.  Oh  !  madre  mia.  .  .  .  Deh  !  madre  (addolorata 

e  piangente) 

Lucr.   Qual  novello  dolor  t'accora?  parla,  (supplichevole) 
Beat,   (con  abbandono)  Sì  tutto  io  svelerò. 
Luca.  Tremar  mi  fai. 

Beat,   (cautamente  e  straziante) 

Fra  questi  avelli  un  giuramento  orrendo 
A  sciogliere  fui  tratta, 
Un  padre  .  .  .  Ahimè  quel  giuro 
Dal  labbro  mio  strappò. 
Guido.  Che  sento!  (avanzandosi  cautamente) 
Marzio  Deh  !  fuggite,  egli  è  qui  presso.  (A  Guido 

che  si  ritira) 

Bkatr.  Guido  ad  obbliar  m' impose 

O  la  sua  morte...  in  rammentarlo  agghiaccio. 
Lugr.  Ti  rinfranca.  È  ver  che  il  core  ha  muto 

Alla  pietà  colui. 
Baet.   Sensi  più  miti  ha  la  feroce  tigre 

Pe'  figli  suoi.  (Frane.  sn  irmnltra  inosservato) 


19 

SCENA  X. 
Francesco  je  detti. 

Frang.  E  qual  di  tigre,  orribile 

L*  ira  su  voi  cadrà. 
Beat.  Oh  !  Ciel. 
Tutti  Che  mai  sarà. 

Frànc.  Mendace,  sacrilego 

Quel  cantico  è  al  Ciel. 
Menzogna  V  esequie 
È  scherno  crudel. 
Cessate,  que  gemiti 
Quel  folle  dolor 
M'  inspiran  sol  odio, 
Mi  destano  orror. 
Sacerdoti  (  s*  avanzano  sdegnati  ) 

Raffrena  il  sacrilego  -  accento  infernal, 
Le  preci  non  turbinsi  -  da  un  empio  mortai. 
Franc.  Le  preci  de'  reprobi  -  non  salgono  al  Ciel, 
Q uè"  canti  profanano  -  P  altare,  TaveL 
Sì  reprobi  sono,....  tai  figli. 
Tutti.  Che  dici! 

Frano.  Ah  !  si.  .  .  .  sien  ....  maledetti  .... 
Tutti.  Ah  ! 

(Cadendo  tutti  in  ginocchio  col  capo  fra  le  mani* 
Dopo  breve  pausa  sottovoce) 
Pertìn  tra  que'  tumuli 
L'  accento  esecrato 
Lo  sdegno  reprimere 
Quel  crudo  non  può. 
Franc.  A  un  cenno  s'inchinano  (con  compiacenza 

Le  fronti  superbe,  feroce) 
Di  Cenci  un  sol  fremito 
L' orgoglio  fiaccò. 
Sac.  Cessin  V  esequie  (alzandosi) 


20 

1/  Si  parta 

Tutti.  Partiani.  {per partire) 

Beat.         Fermate,  deh!  cessino  (supplice) 
Queir  ire  funeste, 
Ah  !  no  non  fian  1'  ultime 
Preghiere  codeste, 
Che  al  misero  implorano 
Perdono,  e  pietà. 
A  me.  . .  su  quel  tumulo 
Ministri  di  Dio  ! 
Venite,  ripetisi 
Quel  cantico  pio 
Che  pace  a  queir  anima 
Dal  Cielo  otterrà. 
(Tutti  secondano  Beatrice,  la  quale  come  inspirata 
intuona  la  seguente  preghiera  unitamente  al 
Coro.   S9  inginocchiano.  Guido  si  fa  vedere  fra 
le  colonne  del  sotterraneo  ). 
Beat,  e  Coro.  Al  par  di  un  giglio  candido 
Egli  ebbe  P  alma  pura, 
Reggere  seppe  impavido 
Agli  urti  di  sventura, 
Ma  in  seno  a  Dio  godrà. 
Sag.         Deh  !  volgi  o  Dio  benefico 
Lo  sguardo  all'  infelice, 
Come  a  quelP  alma  candida,  < 
Nel  cor  di  Beatrice 
Concedi  o  Dio  pietà. 
Guido.       Come  potea  quell'anima 

Piegare  air  empio  accento 
Che  l'astringeva  a  sciogliere 
Fatale  un  giuramento? 
Il  Ciel  F  infrangerà. 


Dam.  Coro.  Marzio. 


Chi  mai  del  suo  martirio, 
Scoppiar  non  sente  il  core? 
Chi  mai  di  quella  misera 
AI  barbaro  dolore 
Chi  mai  non  fremerà  ! 

Pjunc.        Oh  !  quegli  avelli  schiudere 
Vedrò  ben  presto,  ingrati 
E  ad  ingojarvi,  o  perfidi, 
Vedrolli  scoperchiati; 
Il  Ciel  vi  punirà. 

Tltt*.       O  Dio  lo  sguardo  volgere 
Vorrai  sugli  innocenti 
E  dal  tuo  seggio  etereo 
Avrai  di  lor  pietà. 

(  Quadro  —  Cala  la  Tela  ) 


Fine  deli/  Atto  Primo. 


SCENA  L 

Orari  spiaggia  sulla  riva  del  Tevere.  Il  pafazzo 
Ce  net  si  vede  da  un  lato  con  aite  torri  merlate, 
una  gran  porta  laterale  d'  entrata,  altre  piccole 

porte  di  ferro  basse  con  finestrini  Inferriate  ai 
lati  danno  luce  alle  sotterranee  prigioni  di  Casa 
Cenci.  AL  di  là  del  fiume  vedesi  la  chiesa  di  San 
Tommaso.  Tutto  e  silenzio  e  mistero.  Di  tratto  in 
tratto  odonsi  le  voci  delle  scolte  che  custodiscono 
le  torri,  A1T  erta.  Le  finestre  del  palazzo  sono  il- 
luminate internamente  e  due  fiaccole  ardono  ai  lati 
dell'  ingresso  per  festeggiare  V  arrivo  del  Principe 
Sforza.  Le  trombe  da  lunge  già  lo  annunziano. 
Al  primo  squillo,  da  ogni  lato  accorrono  Popolami 
e  Popolane  sulla  riva  del  fiume  per  salutare  V  il- 
lustre  ospite  e  Principi,  che  giungono  su  barche 
pavesate. 

Coro  ih  Popolami 

v  Vogano,  giungono  -  i  prenci  alteri 
m  Olì!  come  splendono  -  cjvie' cavalieri, 


24 


*>  Come  festevoli  -  per  sì  bel  giorno 
»  In  riva  al  Tevere  -  fanno  ri  torno... 
>*  Ecco,  varcarono  -  del  Tebro  V  onde 
»  Ornai  discendono  -  su  queste  sponde. 

(Sforza  e  Cavalieri  discendono  dalle  barche) 

Cono.   Vivano  gli  ospiti  -  viva  lo  sposo 

Presto  v*  attendono  -  gioia  e  riposo. 

Sfore.  Di  tanto  giubilo  *  son  lieto  appieno 
Vi  rendo  grazie  -  vi  stringo  al  seno. 

SCENA  II. 

Francesco,  Beatrice,  Lucrezia,  Marzio,  (mascherato) 
Damigelle  e  Servi  con  fiaccole  escono  dalla  porta 
laterale  del  palazzo  e  vanno  incontro  a  Sforza, 
indi  Villanelle  vestite  a  festa  con  mazzi  di  fiori. 

Frano.  Il  Cielo  a  voi  sia  fausto.  (  a  Sforza  ) 

La  fidanzata  vostra  (presentando  Beatrice) 
Lieta  si  presta  al  fortunato  Imene. 
Beat.  Io  son  lieta...,  o  siguore...  (esitando  a  capo  chino) 

Ah!  più  che  il  duolo  il  simular  m*  è  grave,  (fra 
Damig.  Mancava  nel  serto  sè) 

Di  Sforza  un  bel  fiore, 
Il  sirabol  d' amore, 
Quel  fiore  sei  tu. 
Sei  tu  giovinetta 
Di  Roma  V  onore, 
Per  mano  d'amore 
Ti  premia  virtù. 
(  Villanelle  s'avanzano  inchinandosi  alla  lor  foggia 
innanzi  a  Beatrice,  porgendole  mazzi  di  fiori). 
Villan.  11  fior  che  porgiamo 

È  vago  e  gentile. 
Onore  e  primizia 
Del  florido  Aprile, 


25 

Pur  come  il  tuo  viso 
Gentile  non  è, 
Meri  vago  e  soave 
Beatrice  è  di  te. 
Fkanc.  Alle  mie  stanze,  o  Prence 

Entrar  vi  piaccia,  e  tu  Beatrice,  compiere 
Gli  onori  a  Sforza  or  dèi. 
Beat,   {inchinandosi)  Delfe  abborrite  soglie , 

Ahi!  che  meo  dura  a  me  sarìa  la  tomba,  {fra  se) 
{  Tutti  entrano  nel  palazzo.  La  musica  li  siegue,  le 
barche  si  ritirano,  il  Popolo  si  dirada  a  poco  a 
poco.  La  scena  resta  nuovamente  muta. 

SCENA  III. 

Guido  vestito  da  pescatore  in  una  barchetta  s'  avvi- 
cina lentamente  alla  sponda.  Discende  e  guarda 
cautamente  d'  attorno:  è  mesto. 

Gujdo.  Empio  tripudio  in  quelle  mura' eccheggia, 
E  qui  nel  seno,  dell'  inferno  l' ire 
Mi  dilaniano  il  core, 
É  maledetto  il  loco 
Ove  respira  Cenci. 

A  infauste  nozze  ivi  trascina  il  triste 
La  misera  Beatrice, 

Ma  veglia  un  Guerra,  e  il  giuramento  orrendo 

Infrangere  saprò. 
Voci  interne.  Vivan  gli  sposi,  viva  lo  Sforza. 
Guido.  Ah!  si  tripudia!  oh!  rabbia! 

Tu  pur,  tu  pur  di  quella  gioja  infame 

L'ebbrezza  ohimè  dividi?  Tu  Beatrice? 

Forse  or  lo  stringi  al  seno? 

Tu  gli  sorridi?  e  su  quel  labbro  forse  !..... 

Taci,  deh!  taci...  dalf  inferno  sorge 

Sì  tremendo  pensiero. 

I 


2fi 

Come  s*  adora  in  Cielo  io  t*  adorai, 
Ed  ora  ingrata  obliarmi  tu  potrai? 
Ah!  se  il  destiri  contendermi 

Volesse  i  desìr  miei, 

Nè  più  potessi  stringerti 

Al  sen  coni*  io  vorrei, 

Solo  una  tomba  accogliere 

Dovran  due  salme  or  qui. 
Del  nostro  amore  immemore 

Eterna  fè  giuravi 

A  un  mio  rivale,  o  barbara  ! 

Qui  sulP  avel  degP  avi, 

Noi  chiuderà  quel  tumulo 

Che  il  giuramento  udì. 

SCENA  IV. 

Marzio  esce  frettoloso  dalla  porta  di  ferro 
del  pa!azzo  Cenci. 

Marzio.  Olà!  dove  t'aggiri?  insidie  appresti?... 

In  questo  loco?...  sgombra,  o  la  tua  vita  (poti 

mano  al  ferro 

Guido.  Marzio  che  fai?  t'  arresta, 

Guido  ravvisa  in  me. 
Marzio,  (colpito  e  somtriesso}  L'  illustre  Guido! 

In  sì  modeste  spoglie?  ed  a  quest'ora 

Qui  fra  il  mistero  e  l'ombra? 
Guido.  Parla  sommesso. 

Marz.  Intendo,  un  rapimento 

Signor  •  .  •  voi  meditate. 

Guido.  Ah!  sì;  lo  deggio,  il  vo'...  più  non  m*  è  dato 
L' ira  frenar,  più  sopportar  P  affanno, 
Beatrice  è  mia...  quel  giuramento  invano 
Ella  porgea,  strappar  saprò  dal  seno 
Del  mio  rivai  P  ingrata, 
Sul  ferro  lo  giurai. 


27 


Marz.  Ah!  no...  fatale  inganno  è  il  vostro...  tutto 

Svelar  dovrò...  Non  vi  tradìa  colei...  (cautamente) 
Guido.  Ah!  tat  i,  tutto  io  so  

Marz.  No  noi  sapete,.,  d'  un  pugnai  la  punta  (con  mistero) 
Sul  vostro  petto  insidioso  alzava 
Un  traditore,  un  empio. 
La  vostra  vita,  ella,  signor  te'  salva 
Col  giuro  a  lei  carpito. 

È  questo  un  foglio  di  sua  man  vergato  (gli 

porge  uno  scritto) 

Guido.  Un  foglio! 

Marz.  Ah!  per  pietà  fuggite,  e  tosto. 

(Marzio  parte  per  una  delle  porte  di  ferro) 

Guido  (spiegando  tutto  tremante  il  foglio,  legge) 

Da  te  una  grazia  attendo,  o  Guido»  Scampo 
Per  me  non  v9  ha  che  morte,  e  di  tua  mano. 

10  baderò  quel  ferro,  o  quel  veleno 
Benedirò,  se  di  tua  man  recato. 

Al  nuovo  albor  tu  mi  vedrai  nel  tempio , 
Ivi  C  attendo....  è  V  ora  a  noi  propizia.... 

11  sacrifizio  compi...  Se  non  V  osi, 
T9  invola,  va,  eh9  io  non  ti  vegga  mai, 
Ne  il  nome  mio  piìi  pronunciar  dovrai. 

Al  nuovo  albore,  addio....  La  tua  Beatrice, 
(gli  cade  il  foglio,  si  pone  le  mani  fra  i  capelli  inor- 
ridito*) 

m  Che  lessi  !....  ahi  !....  stolto  ! 
E  su  queir  angiol,  non  mertata  accusa 
Scagliare  osai  ?  morte  da  me  tu  chiedi  ? 
Oh  !  non  1  avrai  lo  giuro. 
»  Questo  ridente  Ciel  di  Paradiso 
«  Senza  di  te,  Beatrice 
*  L'  Inferno  a  me  sarìa. 
(Voci  interne  di  giubilo  come  sopra) 
»  Di  sventura  atroce 
h  Quel  canto  è  messaggiero 


28 


»  Breve  tal  gioja  fia 
»  Breve  il  martirio  di  Beatrice  mia. 
Sì  da  quel  barbaro 

Infido  amplesso 

Fra  poco  toglierti 

Mi  fia  concesso. 

In  grembo  a  un  demone 

Tu  fossi  ancor, 

Saprò  dividerti 

Nel  mio  furor, 
Pria  che  la  mistica 

Sacra  parola 

Sulf  ara  mormori 

Che  a  lui  t' immola. 

Amante  vindice 

Sarò  per  te, 

Nè  fia  che  infrangere 

Debba  tua  fè. 

(si  ritira  nella  navicella  e  s*  allontana,   i  lumi  a 
palazzo  si  spengono,  tutto  rientra  nel  bujo). 

SCENA  V. 

È  notte.  Anticamera  di  Beatrice  come  nel  i.°  Atto. 
Beatrice  s*  aggira  inquieta  e  pensosa. 

Beat.  Come  al  terribile  appressar  dell'ora 
In  cui  lo  spirto  al  Ciel  si  riconduce, 
|  Grave  è  per  me  di  quest'  odiato  uodo 

Il  compiersi  vicino  

Ma  il  mio  fatai  proposto 

A  Guido  è  noto...  e  compierlo  vorrà.... 

Tutto  è  silenzio  qui,  nel  cor  soltanto 

Veglia  il  dolore;  un  turbamento  atroce 

La  vita  mi  divora,  (osserva  inquieta  Vorològió) 


29 


Ahimè  P  istante  è  presso.... 
Fatale  istanre!  e  il  sacrifizio  ingrato...  (suonano 
quattro  ore  del  mattino) 
Orror...,  Orror...  Guido  pietà  di  aie... 
(s'ode  un  rumore  sommesso  alla  porta. 
Oh!  Chi  fia!  ed  a  quest'ora? 

SCENA  VI. 
Marzio  e  detta. 

Beat.  Marzio!...  che  rechi? 

Marz.  (balbettando  in  fretta)  Ei  tutto  appiè»  conosce 

Qui  con  mentite  spoglie  s'  ascondea, 

Ogni  rumor  spiava  ed  ogni  gesto, 

Il  caso  sol  m'  avvicinava  a  lui. 

Gli  diedi  il  foglio,  e  solo 

Da  pochi  cenni  appresi 

Chfei  medita  rapirti  

Beat.  Deh!  taci...  tu  nf  uccidi. 
Marz.  No!  no,  salvar  ti  deggio, 

Tutto  da  te  dipende, 

Di  fè,  d'  amor  prova  non  dubbia  a  lui 

Concedere  dovrai. 
Beat.  Quale?....  mei  dici. 

Mai.   Fuggir  . .  .  fuggir  e  tosto.  Egli  t  attende 

Ora  propizia  è  questa. 

Erancesco  ora  alla  caccia 

Lungi  di  qua  sen  corre. 
Beat.   Oh!  che  mi  chiedi  o  Marzio? 
Mabz.  In  me  ti  fida. 

Beat.  In  te  fidarmi?  in  te?  che  un  odio  atroce 

Il  cor  t'  accende  contro  il  padre  mio  ? 

Inran  lo  speri. 


50 


Marzio  (sccn fot  tato)  Mi  desti  pietà,  (breve  silenz  io) 

Non  sai  che  Cenci  tutto  a  me  iapìa? 

LT  Annella  mia  difetta 

Del  cor  la  pace,  il  più  cocente  amore, 

Tutto  ei  mi  tolse.  .  .  . 
Beat.  Non  è  ver,  tu  menti. 

Màkzio.  Marzio  non  mente,  tu  m' ascolta  e  fremi. 

Bionda  la  treccia  -  pallida  in  viso, 

Pareva  un'  angelo  -  come  sei  tu. 

Soave  un  cantico  -  di  paradiso, 

Presso  un'  immagine  -  sciogliea  ogni  dì. 
l  a  vidi  e  rapido  -  foco  d'  amore 

In  cor  m'apprese  -  io  l'adorai 

Come  s'adorano  -  nel  lor  candore 

Rapiti  in  estasi  -  gli  angioli  in  Ciel. 
Beat.  Così  quest'anima  -  adora  e  freme 

Ma  langue  e  geme  -  fra  il  pianto  e  il  duoK 
Marzio.  Un  dì  alP  immagine  -  fec'  io  ritorno, 

La  fioca  lampada  -  più  non  ardea, 

Ahi  vista  orribile!  -  infausto  giorno! 

Giacca  la  vergine  -  esangue  al  suol. 
Fu  il  conte  Cerci  -  che  d*  empio  amore 

Ardea  per  lei  -  ma  senza  speme. 

D'  Anna  al  rifiuto  -  nel  suo  furore 

Il  ferro  immergerle  -  osò  nel  cor.  (Beatrice  si 
copre  il  volto  colle  mani). 
Ah!  sì  Beatrice  -  nel  tuo  bel  viso 

Ahi!  le  sembianze  -  d'Anna  ravviso, 

Vieni,  ti  salva  -  Marziio  ha  giurato 

Insieme  a  Guido  -  fuggir  dei  tu. 
Beat.  In  vano  sedurre  -  or  tenti  il  mio  core, 

Ah!  mai,  di  quest'onta  -  mi  deggio  coprir  (si 

ritira) 

Marzio.  Ebben  piti  fatale  -  per  te  quel  rifiuta 

Ahi!  misera  fia....  (canto  interno  di  caccia) 


51 

Coro  interno.  Son  belle  e  gioconde 

Le  liete  colline, 

Son  vaghe  le  sponde 

Del  Tevere  altier. 
E  ben  che  siam  molli 

Di  tanto  sudor 

Por  bello  è  de'  colli 

Varcare  il  sentier. 
IVIàkzio.  Il  Conte  ohimè  ritorna. .  .  .  (appressandosi  al 
Tutto  per  lei  finì.  verone  ) 

Tutto?  no!  no!  che  d'un  pugnai  la  lama 
Empio  t'attende,  l'inferno  ti  chiama. 
Si  un  demon  t'aspetta 

Che  grida  vendetta 

Che  l'empie  tue  brame 

Punire  saprà. 
Orribile,  eterno, 

Lo  strazio  d'averno 

Quell'alma  feroce 

Dannare  dovrà. 
Al  pianto,  alle  grida, 

Dell'  empio  omicida 

S' esulti,  si  rida 

Chi  mai  non  godrà  ! 
Ab!  ah!  {con  scherno)  quell'istante 

Che  vile  tremante 

D'  un  ferro  alla  punta 

Piegar  ti  vedrò, 
Sì  presto  a  te  suoni 

Ne  fia  chi  perdoni 

All'opra  nefanda 

Che  il  Ciel  irritò,  (parte) 


32 


SCENA  VII. 


Interno  del  tempio  di  San  Tommaso,  pai  ato  a  festa. 
Un  altare  di  fronte,  due  grandi  porte  d'entrata  ai 
lati,  sedie,  in  ginocchiato /,  ecc. 

Guido,  solo  vestilo  da  Cavaliero,  e  avvolto  in  bruno 
mantello,  staggirà  cautamente  fra  le.  colonne 
del  tempio. 

Tremendo  è  questo  loco, 

Ove  il  destin  si  libra  di  Beatrice. 

Ma  pria  che  Torà  suoni  a  te  fatale, 

A  tempo  io  giunsi,  e  le  nuziali  tede, 

Or  spegnere  saprò;  la  sacra  fede 

Ad  invocare  io  venni, 

E  Cenci  piegherà  di  Guido  ai  cenni  (si  cela) 

SCENA  Vili. 

Odesi  il  seguente  canto  delle  Suore  mentre  il  popolo 

accorre  da  ogni  lato  nel  tempio. 
Cono  di  Suore.    O  Signor!  dall'eccelsa  tua  sede, 
Deh!  tu  porgi  a  sì  nobile  Imene 
Il  supremo  favor  di  quel  bene 
Che  la  pace  sol  reca  nel  cor. 

Sia  perenne  in  quell'alme  la  fede 
Splenda  eterno  a  sì  nobil  lignaggio, 
Di  virtnde  quel  fulgido  raggio 
Che  del  Cielo  li  guidi  air  amor. 
{entra  Beatrice  in  abito  nuziale  a  fianco  del  principe 
Sforza,  li  seguono  Francesco,  Lucrezia,  Dame, 
Damigelle,  Principi  e  Cavalieri;  indi  Marzio 
L  in  manto  bruno.  Dopo  breve  pausa  dall'  op- 
posto lato  entra  il  Cardinale  seguito  dai  Sa- 


33 

ceRDoti.  Sale  ì  gradini  dell  altare.  Il  principe 
Sforza  e  Beartrice  s'  inginocchiano  a  pie" 
di  esso.  Il  corteo  si  dispone  da  ambo  i  latU 
e  il  Cardinale  volgendo  gli  occhi  al^  Cielo  in 
atto  solenne  intuona) 

Card.      O  tu  che  prodighi  -  il  tuo  favore 
A  chi  T  amore  -  ripone  in  te, 
Porgi  a  sì  nobile  -  coppia  amorosa 
La  tua  pietosa  -  sacra  mercè. 

Deh!  fa  (he  scorrano  -  lor  dì  felici, 
Li  benedici  -  ne)  tuo  favor,  (poi  volgendosi  a 
Hai  tu  disciolto,  o  vergine  Beat.) 
Da  ogni  altro  giuro  il  cor? 

Beat,  {impallidisce  tituba,  si  volge  cautamente  attorno 
come  cercando  qualcuno  e  non  risponde). 

Tutti.  Ebben,  che  fia? . . .  (  movimento  generale  di  sor- 

Card,  Rispondi  .  . .  presa) 

Guido,  (si  fa  scorgere  da  Beatrice,  la  quale  nella 
massima  agitazione  si  allontana  daW  altare 
e  risoluta  grida) 

Beat.  No.  .  . . 

Tutti.  Spergiura!  quale  orrore! 

Frano,  (afferrando  sdegnosamente  Beatrice  e  som- 
messamente ) 

Ab!  non  vedi  l'abisso  profondo 

Che  tu  m'apri  col  folle  rifiuto? 

Tu  non  sai  che  il  mio  core  fia  muto 

A  ogni  senso  d'amor,  di  pietà? 
Sfokz.  (avanzandosi) 

Tale  insulto  col  sangue  soltanto 

Vendicato  da  Sforza  sarà, 

No  da  un  Cenci  tal  onta  non  soffro.  (minac* 
doso,  e  Guido  intanto  getta  il  mantello  si 
scuopre  e  gli  si  presenta  d  innanzi  ) 


34 

Guido.  Solo  a  Guerra  rivolgi  il  furore 

v  Che  sfidare  non  teme  il  tuo  sdegno 
«  Di  Beatrice  sol  dritto  ha  nel  core, 
m  Chi  nell'alba  degli  anni  lamò. 
«  Sì  giurammo  dinanzi  a  quel  Dio 
"  Il  cui  nome  qui  voi  profanate 
w  Air  amore  alla  fede  insultate 
"  Ch"  ora  Cenci  vilmente  oltraggiò. 
Sforz.  Ti  difendi  (snudando  il  ferro  si  scaglia  furi- 
bondo su  Guerra  che  pur  esso  V  affronta) 
Beat.  Ah!  cessate. ..  .  (slanciandosi  in  mezzo) 

Fsanc.  Esci!  fuggi....  (  a  Beatrice  ) 

Card,   (strappando  Beatrice  dai  due  rivali  e  frappo- 
nendosi in  sua  vece) 

Profani  cessate, 
D*  un  Dio  rispettate 
11  tempio,  r  aitar, 
O  T  ira  del  Cielo 
Terribile,  pronta 
Su  voi  piomberà. 
Or  riponete  il  brando,  {tutti  chinano  il  capo). 
Guido  e  Sforza  (ripongono  le  spade,  il  Cardinale  e 
Sacerdoti  si  ritirano.  Silenzio  domina  sulla 
scena). 
Frano,  (fìngendo  calma) 

V  insulto  a  uno  Sforza  -  fu  grave,  fu  indegno; 
Ma  ingiusto  è  io  sdegno  -  che  a  Cenci  scagliate. 

(a  Sforza) 

Spergiura  è  Beatrice  -  Spergiura  il  sappiate, 
Degli  avi  la  tomba  -  l' indegna  oltraggiò. 
Guido.  Tu  menti. . . . 

Frano.  Fn  queste  soglie....  ardisci? 

Guido.  (Volgendosi  a  tutti  gli  astanti)  Ei  mente, 
Ei  sprezza  e  dritto  e  amor.... 

Sugli  avelli  ei  trascinava 

Quella  vittima  infel  ce.,. 


Ei  minaccia....  maledice 

Chi  non  piega  al  suo  voler. 

Vano,  infame  è  il  giuramento, 

Ella  è  mia,  nè  v'  ha  tormento 

Che  strappar  potrìa  costei 

Dall'amor  che  a  me  giurò. 

Fkanc.  Sforz.  e  alcuni  Cav.  {fra  loro) 

Quale  ardir!  ei  non  paventa 

T  .       suo  e 

Le  minacele  il  iurore 
mio 

Oltraggiare  qui  s' attenta 
Questo  rito  e  questo  aitar? 
Beat,  e  Guido.  Sjn  miei  sensi  ahimè  smarriti 
Vacillar,  tremar  mi  sento, 

Le  minaccie  . 

N,  io  non  pavento 

o  la  morte  v 

Ma  per  j".*  degg'  io  tremar,  .  .  . 

Lucrezia,  Marzio,  Dame  e  alcuni  Cavalieri  {fra  toro) 
Quando  mai  per  Beatrice 
Cesseran  quell"  empie  pene 
Quando  in  cor  dell'  infelice 
Pace  alfin  vedrò  posar? 
Frano,  {volgendosi  ai  Cavalieri  e  al  Popolo) 
No!  soffrire  più  a  lungo  V  oltraggio 
Non  può  un  Cenci;  s'arresti  l'indegno. 
Parte  de*  Cav.  Qui  nel  tempio!  .  .  cotal  cenno! 
Guido,  (in  atto  minaccioso) 

Niun  s*  accosti  o  il  brando  mio 
Colpirà  chi  un  moto  osasse. 
Parte  de*  Cav.  Viva  Gierra  e  morte  ai  Cenci  {ponen- 
dosi allato  di  Guido). 
(Sforza,  Frano,  e  parte  de' Cav.  (si pongono  dal  lato 
opposto). 

Frano.  Guerra  ! . .  .  guerra  !..  oh  !  si  Y  avrete. 


36 

Tutti.  Stirpe  iniqua  è  lungo  Podio 

Che  nel  petto  in  noi  s'  accende 

-,  ai  Cenci  , 

Guerra  e  mone  ^.  Querra  °r  pende 

Sangue  a  rivi  scorrerà. 

Beat,,  Luch.,  Marz. 

Ah!  frenar  più  a  lungo  Podio 
Non  potea  quelP  alma  audace 
Non  più  tregua,  non  più  pace 
Da  quest'ira  sorgerà. 
Tutti.  Lo  sdegno  in  sen  reprimere 

Non  puote  ornai  anima 

Non  può  il         cor  sorreggere 
r        suo  &° 

4  n,     .    al  disonor 
All'onta  , 

al  suo  hvor. 


FiNfi  ©«ll'  Atto  Secondo, 


4*f  é  wmm 


SCENA  I. 

.Anticamera  che  conduce  al  gabinetto  di  Beatrice 

come  nel  i.°  Atto.  La  scena  è  buja.  Alcuni  lampi 

e  tuoni.  Francesco  entra  cautamente  in  abito  di« 
messo,  egli  tiene  un  lume  in  mano. 

Francesco  solo. 

F'kan'c.  Ella  riposa...  Dal  fatai  proposto 
Distarla  è  vana  ogni  opra.... 
Non  so  qual  senso  a  me  conturba  il  core!... 
E  rimorso  o  timore? 
Jvi  appressarmi  io  tremo... 
Tremare  un  Cenci  qual  fanciullo  imbelle? 
Tremare  Cenci  a  titubar  non  uso? 
Ab!  no,  non  fia,  non  fia  ... 

Ceder  dovrà,  fosse  la  prova  estrema  (accennando 
il  pugnale.  S"  appressa  al  gabinetto  di 
Beatrice,  innalza  la  cortina  che  la  sco« 
pi  e  distesa  sul  letto  ) 


38 

Ohi  qua!  soave  aspetto!  e  tanta  audacia 
Nutre  costei  nei  seno?  (s'ode  un  interno  rumore) 
Che  mai  fia?...  qnal  rumore!—  (spaventato) 
Chi  ardisce  in  queste  soglie,  ed  a  quest'ora?...* 
Un  fremito  m'assale?  (pausa) 
Assassino?...  qual  voce  (origliando)  orribil  voce? 
(  atterrito  gli  cade  il  lume  di  mano.  La  scena  ri* 
mane  al  bujo,  solo  il  lampo  la  rischiara  di  tratto 
in  tratto  e  lascia  vedere  Francesco,  che  atterrito 
da  visioni  spaventevoli,  barcollando  si  trascina 
a  stento  sino  aW  uscio  e  chiama  con  voce  soffo- 
cata ) 
Marzio  ! 

SCENA  II. 

Marzio  e  detto. 

Marz.  (accorrendo)  Signor!  che  avvenne...?  (rialzan- 
dolo lo  pone  a  sedere  ) 
Frano.  (  abbattuto  si  rimette  a  poco  a  poco  ) 

Ah!  nulla  nulla....  di  quest'  anni  il  carco 

Or  più  che  mai  m' è  grave. 
(poscia  con  calma  )  Udisti  un  grido?.,  da  quel  lato  sorse 

Pari  all'  urlo  d'un  morente. 
Marz.  Nulla  intesi.  Il  cor  non  mente, 

Il  rimorso,  il  tradimento  (fra  se) 

Di  queir  alma  è  il  rio  tormento. 
Franc.  (dopo  breve  pausa)  Ah!  sì  d*  uopo  è  rivederla,  (fra 

Nella  stanza  di  Beatrice  (  a  Marzio  )  sè) 

Rieder  vo',  parlarle  io  deggio... 

Mi  sorreggi,  poi  mi  lascia. 
Marz.  Egra,  affranta  V  infelice 

Non  si  regge.... 
Frano.  A  me  C  accosta* 


39 

M  arz.  Ah!  signor . . . 

Frano,  M'obbedisci,  (con  impeto  represso) 

Marz.  (lo  sorregge,  e  s'avviano  al  gabinetto  e  mentre 
Fk>ngesgo  apre  la  cortina,  s*  ode  la  voce  di 
Beatrice  che  sognando  esclama) 
Beat.  Guido  mio!... 

Frano,  (fra  sè  con  furore  represso) 

E  ognor  sul  labbro  avrai,  nome  sì  rio? 
(  Poi  raccogliendo  tutte  le  sue  forze,  imbrandisce 
il  pugnale ,  e  prendendo  per  mano  Marzio, 
sottovoce  ) 

II  colpo  tremendo 
Ti  resti  affidato, 
Sia  rapido,  orrendo 
D'  un  Cenci  il  punir. 
Silenzio,  mistero, 

Qual  suoli  in  ogn"  opra , 
Ben  cauto  t'  adopra 
Il  vile  a  colpir. 
Dell'  empia  tua  stirpe  (fra  sè) 
Ah!  fosse  a  me  dato 
Il  capo  esecrato 

D"  un  colpo  troncar,  (entra  furibondo 
nella  stanza  di  Beatrice  ) 
Mahz.  Invano  lo  speri  (fa  sè) 

O  veglio  inumano, 
Tu  trami,  ma  è  vano 
L' imbelle  furor,  (parte  ) 

SCENA  III. 

Guido  entrando  dal  verone. 

Guido.  É  questa  V  ora!  Oh!  Marzio  non  m'inganna, 
Morir  dovessi,  dalla  man  strapparti, 


40 

Or  da  quei  crudo  io  vo'  (  entra  nella  stanza 
di  Beatrice,  odesi  un  breve  rumore  e  un 
grido  ). 

(Guido  esce  affannoso  ed  anelante  ) 

Gran  Dio!...  l'uccisi!  {fugge  rapidamente  dal  ve- 
rone ) 

SCENA  IV. 

Damigelle  e  Lucrezia  accorrono  in  fretta  dalla  porta 
a  sinistra,  indi  Marzio  e  f  amigliari  dalla  destra. 

Lucr.  e  Dam.  Oh  che  fia  mai?  qual  gemito 

Uscìa  da  quelle  soglie?  

Marz.  e  Famig.  Ciel!  che  avvenne? 
Dam.    (escono  tremanti  e  inorridite)  Atroce  evento! 
Nella  stanza  ove  posa  Beatrice, 
Steso  al  suolo  di  ferro  trafitco, 
Spento  è  il  conte,  morìa  V  infelice 
Fra  gli  spasmi  d' atroce  dolor, 
Marz.  E  Beatrice? 

Dam.  Beatrice  giacea, 

Presso  il  Conte  distesa,  svenuta, 
Così  immota,  sì  pallida  e  muta, 
Che  la  misera  esangue  sembrò. 
Poi  lo  sguardo  a  noi  volse  repente, 
Sollevando  lo  squallido  volto, 
A  noi  fiso  lo  tenne  rivolto, 
Nè  un  accento  o  un  sospiro  mandò. 

SCENA  V. 

Sforza  da  Capitano  della  Curia>  Cavalieri  e  Guardie, 

Cav.    E  fia  ver?  novella  orrenda 

Sparsa  è  in  Roma.  In  queste  mura 
Un  delitto,  una  sventura 
Nuovo  lutto  ridestò? 


Sfor.   Ds inesorabil  legge 

Or  compiasi  il  rigore, 

In  carcere  Beatrice 

Tratta  sia  tosto. 
Marz.  Dam.  Ahi!  misera!  il  misfatto 

Pesar  su  lei  non  puote.  .  .  . 

Silenzio,  .  .  .  ella  qui  giunge  .... 

Di  spettro  ha  le  sembianze.    (  tutti  si  volgono 
perso  la  stanza  di  Beatrice) 

SCENA  VI. 

Beatrice  scarmigliata  e  pallida,  bianco  vestita,  ha 
tinta  la  mano  di  sangue,  vaneggia.  Lucrezia  la 
segue  nella  massima  desolazione. 

Beat.         Ah!  dove  mi  traggi!.... 

Quell'ira  s'arresti,.... 
Quel  ferro  ritraggi.... 
T'arresta;...  che  festi?.... 
Qual  sangue!.,  ferito  L.. 
A  morte...  colpito  ! 
Ahi!  tutto  fra  noi.... 

Si  tut . .  to  . .  fi  . .  ni.  ( cade  su  d*  una 
sedia,  prorompendo  in  dirotto  pianto) 
Marz.  Dam.  (fra  loro)  In  quell'aspetto  angelico 

Che  ¥  ha  di  rea  sembianza? 

Chi  in  quella  fronte  candida 

Osa  trovarvi  scritto 

Orma  d'alcun  delitto? 

Punirla,  chi  oserà? 
StfOR.  Cav.  ( fra  loro  )  Giunto  è  V  istante  a  compiere 

La  tua  vendetta  o  Sforza. 

Fia  la  sua  pena  rigida 

Qual  fu  il  delitto  audace, 


42 

Empia!  del  cor  la  pace, 
Sperar  più  non  potrà. 
(  A  un  cenno  di   Sforza  le  Guardie  s'  avanzano  e 
pongono  i  ceppi  ai  polsi  di  Beatrice.  Ella  si 
scuote  ). 

Beat.  Dove  son  io?...  qual  sogno  d'orrori..  Padre  !  .  .  . 

(ritornando  in  se) 
Oh!  padre  mio  (come  rissovvenendosi)  Guido.... 
(alzando  gli  occhi  al  Cielo,  poi  volgendosi  d*  attorno) 

Ah!  tutto  comprendo. 
Gran  Dio  qual  mai  del  mio  destin  tremendo, 
Vittima  son....  vi  sieguo  (Beat,  s*  avvia  fra  le 
Guardie.  Lucrezia  e  Dam.  la  sieguono). 
Sfor.  Or  pago  son  io.  (parte  ) 

Dam.  Ah!  come  sì  giovane, 

Sì  pura,  sì  bella, 
Giammai  la  tua  stella 
Sorrise  per  te. 

SCENA  VII. 

Gran  piazza  in  Roma,  da  un  lato  la  Chiesa  di  San 
Celso,  dalV  altro  il  Palazzo  dell"  Inquisizione,  con 

finestre  chiuse  da  grosse  inferriate  che  danno  luce 
alle  prigioni  della  tortura.  Un  gran  numero  di 
Poroix>  sta  appresso  ad  una  di  esse;  le  Guardie 

fan  largo.  Marzio  avvolto  in  manto  bruno  s'avanza 
mesto  e  pensoso. 

M  arz.  Qui  rea  Beatrice?  e  rea  di  parricidio  

Alla  tortura  è  tratta?  ahi!  tradimento! 

Or  Guido  innanzi  a  questi  vii  togati 

Reo,  e  sol  si  confessava 

E  n*  adducea  le  prove. 

Sordi  essi  furo,  e  le  proteste  a  scherno 

Solo  accoglieau,  gli  indegni! 

No,  non  è  rea  Beatrice. 


43 


Cav.    {avvolti  in  bruni  mantelli  si  avanzano  cau- 
tamente). 
Marzio  ! 

IVIarz.  O  prodi  Cavalieri. 

Cav.       Dal  tuo  sguardo,  da'  tuoi  moti  (con  mistero) 
Odio  spira,  ed  odio  atroce, 
I  tuoi  sensi  a  noi  son  noti, 
Tu  confidi  in  questo  acciar. 
Sugli  Sforza  e  suoi  seguaci 

Piombi  sol  

Marz.  (interrompendoli)  La  mia  vendetta  

Tutti.         Sì  vendetta  orrenda,  intera 

Su  quei  vili  piomberà. 
(  una  luce  rossastra  esce  da  uri*  inferriata,  il  Popolo 
s'affolla  su  quella,  un  gemito  di  Beatrice  sog- 
getta alla  tortura,  scuote  i  congiurati). 
Ciel  !  quai  lamenti....  obi  zitto,  attenti.... 
È  la  sua  voce....  qual  grido  atroce! 
Beat,   (dall'  interno)  Cessate...  è  troppo  o  perfidi..- 

È  troppo  il  mio  mariir.... 
Tutti.         Oh!  qual  orrendo  brivido 

Scorre  di  vena  in  vena!... 
Air  infelice  vittima, 
Cessi  T  infame  pena. 
Beat,   (c.s.)  Si...  rea  son  io.,  cessate...  (la  luce  scom- 
pare e  il  Popolo  a  poco  a  poco  si  dirada) 
Coro.  Marz.      Ella  confessa!  e  come, 

Chi  mai  lo  crederla?  (sotto  voce) 
Della  tortura  è  V  opra, 
D*  un  tradimento  infame 
Ahi!  vittima  è  Beatrice!...  (in  tono  mi- 
Dunque  ali'  opra,  e  la  vendetta  stcrioso). 
Su  quei  tristi  piomberà, 
Del  trionfo  il  di  s* affretta 
Che  Beatrice  salverà. 


44 

Come  lampo  che  scorre,  che  sfugge, 
Spariranno  le  trame  degli  empi 
Fur  già  troppi  gli  oltraggi,  gli  scempi 
Che  sui  nostri  qui  a  lungo  pesar. 

Arda  Roma,  sia  tutto  disperso, 

Ma  Beatrice,  fia  salva,  il  giuriamo 
Or  sottrarla  qui  tutti  dobbiamo, 
Dal  suo  duolo,  dal  lungo  penar. 

SCENA  Vili. 

Orribile  carcere  deW  Inquisizione,  due  porticine  ai 
lati.  Una  fioca  luce  rischiararla  prigione.  Veggonsi 
istrumenti  di  tortura.  Un  in  ginocchiato]  o  e  una 
panca.  Giunge  Beatrice  sorretta  da  due  Suore  che 
La  pongono  a  sedere.  E  pallida,  affranta  dal  do- 
lore e  dallo  spasimo  della  tortura.  Le  Suore  escono. 

Beat,  {dopo  lunga  pausa). 

Cessò  il  martirio,  cessò  alfiu  lo  strazio 

Che  di  mie  membra  affrante 

Empj  ne  feste....  Oh!  così  pur  cessasse 

Questo  insoffribil  peso, 

Che  vita  ohimè!  si  noma. 

Col  mio  morir,  salvo  fia  Guido,  salvo 

Fia  F  angiol  mio,  che  invano  odiare  io  cerco. 

Gran  Dio!  pietà  di  lui,  di  me  pietà. 


SCENA  IX. 

Due  religiosi  entrano  dalla  porticina  a  destra,  uno 
si  ritira,  V  altro  s*  avanza  verso  Beat.  (2?  Guido.) 

Beat.  Di  morte  il  rio  messaggio  ? 

Ah!  venga,  ed  air  eterno  amplesso  sua 
Io  corro  lietamente, 
Come  di  madre  al  seno. 


45 


Guido.  No,  Beatrice,  innocente  tu  sei. 
Beat.  Oh!  qual  voce!  (scossa,  poi  rimettendosi ) 
Colpevol  son  io 
Sol  degli  uomini  innanzi,  ma  a  Dio 
Pura  sono  qual  r  aura  che  spiro. 
Guido,  (con  espansione)  Sì  morire  ben  altri  dovrìa 

In  tua  vece  Beatrice....  tu  il  sai. 
Beat.  Di  chi  mai,  di  chi  mai  tu  favelli? 
Guido.  Tu  non  sai  che  il  tuo  Guido  .  . . 
Beat.  Oh  !  qual  nome  !  di  Guido  dicesti?  (guardandolo 
Ma  tu  tremi  !  commosso  tu  sei  !  fiso) 
Tu  mi  rechi  nn  atroce  novella? 
Ah!  celarla  non  dèi.  (con  ansia). 


Guido. Salvo  è  Guido  per  te,  tu  lo  mira,  (scoprendosi) 
Beat,  (va  per  abbracciarlo,  poi  lo  respinge  con  orrore) 

Ah  !  per  noi  tutto...,  tutto  finì. 
Guido.  Oh  !  che  ascolto  !  pietade  Beatrice .... 
Beat.  Di  mio  padre  quel  sangue  versato...  (con  racca- 
Guido. No  di  lui  favellar  tu  non  dei...  priccio) 
Beat.  Guido  !  orribil,  fu  grave  il  delitto, 
Or  più  udirti  non  posso .... 


Ah  !  tu  fremer  mi  fai  !  tu  m'  uccidi. 
Deh  !  T  amor  non  rammenti,  infelice. 
Che  furente  quest'  anima  invase  ? 
Tu  non  m' ami  ?  non  dirlo  Beatrice, 
O  morrò,  sì  a  tuoi  piedi  morrò. 
Di'  che  m'  ami  ripeti  V  accento 
Che  ai  primi  anni  quest'  alma  beò. 


Guido. 
Beat. 


No  .  .  . 


Favella 


Guido. 


Che  dici? 


Un  sanguinoso  spetro, 


46 

Che  le  sue  piaghe  additami, 

Innanzi  a  lui  reT  arretro;  .  . . 

D' amor  tua  voce,  ei  gridami, 

Guido  non  può  più  udir. 
Guido.     Ah  !  non  soffi  ia  che  vittima 

Più  a  lungo  fosse  un  core, 

Che  dall'  età  più  tenera 

A  me  donava  amore, 

Dovea  strapparti  ah  !  misera 

Dal  bai  baro  martir. 
Beat.  Che  vale  o  Guido  ! .  .  .  ogni  difesa  è  vana 
Ah  !  tu  non  sai  che  irrevocabil,  fiera, 
Mortai  sentenza  a  me  segnata  è  già. 
Ora,  con  Dio  mi  lascia. 
Guido.  No  !  non  morrai,  da)  capo  tuo  la  scure 

Sospendere  saprò.  .  .  .  JVT  odi. ...  lo  Sforza 
Or  contro  te  congiura,  rea  ti  vuole, 
Del  tuo  supplizio  l'ora,  come  jena 
Avidamente  attende. 
Jn  quel  fatale  istante 

A  danze  e  a  giuochi  egli  co*  suoi  s'appresta. 
Ma  qui  di  mille  brandi 
Una  corona  eletta  assicurai, 
Essi  son  pronti  all'opra,  arditi  e  prodi 
àeconderan  miei  voti.- 
Beat.  Ah  !  no,  morir  vogi'  io. 

Guido.  Morir  !  tu  dici  !  {colpito) 

Relig.  (avanzandosi) 

Basta,  ai  terreni  affetti,  assai  concesso 

Tempo  vi  fu.  Col  Ciel  riconciliarsi 

Or  cf  uopo  è  Beatrice. 
Beat.  Ah  !  sì,  pronta  son  io.  j 
Guido.  Un  solo  accento,  un  solo, 

Un*  ultima  parola. 

M'ami  tu  ancor? ...  rispondi. 


47 


Beat.  Ab  !  sì  

Guido.  Sì,  tu  dicesti  ?  (con  vivo  trasporto) 

Gli  sforzi  seconda  -  d*  un  noni  che  delira 
Che  sol  per  te  vive  -  per  te  sol  respira, 
Oh!  guai  se  ricusi  -  la  vita  che  t'offro, 
A  morte  io  corro  -  la  vita  non  soffro. 

Beat.   Per  ultimo  pegno  -  d'  amor  senza  speme, 
Per  solo  conforto  -  di  donna  che  geme, 
Farò  di  chi  m'  ama  -  contento  il  desìo, 
Ma  Guido  mi  credi  -  È  l'ultimo  addio. 

Guido.  Non  dirlo  o  Beatrice  -  Sospendi  l'addio. 

Beat.   Ah!  Guido1  noi  debbo  -  è  1"  ultimo  addio  (Guido 

parte  desolato) 

SCENA  X. 

Beatrice  e  Relìgioso. 

Rel.    L*  anima  al  Ciel  tu  dèi, 

Volgere  o  Beatric  e. 
Beat.  Si,  reco  son  io  {s'inoltra  stentatamente  all'  in- 
ginocchiatoio). 
(Nella  vicina  cappella  di  S.  Celso  ode  si  il  canto  delle 
Suore,  più  lungi  un  suono  giulivo  :  sono  le  feste 
che  si  compiono  nel  palazzo  Sforza). 

Coro  di  Suore. 

Nel  cor  de*  mortali 

Chi  penetra  mai  ! 

Del  vero  ne'  fulgidi 

Eterni  suoi  lai, 

Neil'  ore  supreme 

La  mente  volgiam. 
La  pace  degli  angioli 

S" invochi  dal  Cielo, 


48 

Dal  Giel  che  alla  misera 
D'  un  mistico  velo 
L"  evento  copila 
Che  sì  deploriam. 
(£e  suore  entrano,  ed  avvicinandosi  a  Beatrice  la 
coprono  di  un  zendado  grigio  (1).  Rintocchi  di 
campana  a  stormo  e  uno  scrosciare  d%  armi  ac- 
compagnato da  grida,  sgomentano  Beatrice). 
Giuda  interne.  All'anni.  .  .  .  all'armi 

Beatrice  fia  salva.  .  .  . 
Beat.  Oh  !  ciel  !  .  .  .  . 
Tutti.  Quai  voci.  .  .  . 

Beat.   Guido!...  in  periglio  ei  fin? .  . .  (poi  supplichevole) 
Ah  !  veglia  o  Dio  sui  giorni  suoi.  ...  lo  salva. 
(  le  voci  a  poco  a  poco  si  dileguano,  rallentansi  i 
tocchi  della  campana-,  tutto  rientra  nel  più  pro- 
fondo silenzio;  ad  un   tratto   5'  apre  la  gran 
porta  e  le  guardie  si  presentano  sulla  soglia) 
Ah  !  .  .  .  comprendo...  vi  sieguo. 
(parte  fra  le  Guardie,  accompagnata  dal  Religioso 
e  Suore.  Le  porte  si  chiudono). 


(i)  Le  Religiose  della  Congregazione  dei  Selle  Dolori  andarono 
a  levar  Beatrice  e  la  trovarono  assorta  in  preghiera,  ma  intrepida  e 
risoluta.  La  vestirono  di  uua  veste  di  zendado  grigio  colla  quale  la 
coprirono  infìno  al  collo,  le  coprirono  il  capo  con  un  velo  di  musso- 
lina parimente  grigia  ricamata  in  argento.  Le  scarpe  bianche. 

Muratosi,  Annali. 


SCENA  ULTIMA. 


49 


Gran  piazza  come  nella  Scena  VII.  Veggenti  da  un 
lato  sporgere  i  gradini  del  palco  coperti  a  nero 
col  giustiziere  ai  piedi.  Sforza  da  Capitano,  Cava- 
lieri e  Guardie  diffilati  di  fronte  ad  esso.  In  fondo 
Popolo  e  Guido  arrestato  fra  le  Guardie.  Uno  squillo 
di  tromba  annunzia  V  arrivo  di  Beatrice;  essa  giun- 
ge fra  le  Guardie  sorretta  dalle  Suore  e  accompa- 
gnata da  Damigelle  vestite  a  bruno  e  dal  Religio- 
so. Giunta  sul  luogo,  le  Damigelle  le  fanno  corona. 

Beat.  Una  grazia  a  voi  chieggo.  .  . 
In  questo  estremo  istante. 

La   madre  mia,  .  .  .  eh'  io  vegga   (  A  Sforza 
il  quale  fa  cenno  alle  Guardie  che  partono), 
(volgendosi  poscia  alle  Damigelle  piangenti) 
Addio  mie  fide.  .  .  Deh  !  non  piangete... 
Lieta  son  io,  che  pura  in  ciel  quest'  alma 
Innocente  sen  vola. 

Se  un  dì  mie  care  

Sulla  fossa  mia  .... 

Voi  passerete....  non  la  sprezzate, 

E  sulP  avello  dite: 

Qui  giace  Beatrice, 

Rea  non  fu,  ma  infelice. 

Non  è  ver?...  dite...  noi  direte  voi?  (accarez- 
zando le  Damigelle  con  tenerezza) 
Virginia,..,.  Adina  mia,...  così  direte? 

(baciando  or  F  una  or  V  altra,  poi  sovve- 
nendosi e  con  impazienza) 
E  mia  madre?.... 
Pam.  Tua  madre?  Ella  qui  giunge 

Luck.  (s'inoltra  lentamente  in  abito  nero  fra  gli  ala- 
bardieri). 


50 

Beat,  (scorgendola) 

Ah!  qui  nel  sen  la  madre  min,,  nel  seno  (ab- 
bracciandola  e  baciandola  con  espansione) 
Il  mio  primo  sospir  tu  n'accogliesti, 
Questo  palpito  estremo  or  tu  raccogli.... 
Ah  !  ti  rinfranca  che  il  mio  ciglio  è  asciutto 

Lieta  son  io         non  pianger,  rea  non  sono... 

(  simulando  calma  ) 
Oc  paga  ho  ]'  alma.  .  .  •  (poi  colpita  da  una 
penosa  rimembranza) 

....  Guido  ohimè  l  non  veggo 
Ah  !  .  .  .  senza  te  morire 

Sì  troppo!  troppo  il  mio  dolor  sarìa  (con  feb- 
brile impazienza  si  volge  da  tutù  i  lati  come 
per  rinvenirlo.  Guido  intanto  lentamente  le 
s*  avvicina) 

Beat,   (scuotendosi  vivamente  al  suo  apparire)  Ah! 

(con  gioja.  Poi  coir  accento  del  più  profondo 
dolore) 

Vegliò  un  destino  -  sul  nostro  amore, 
Fatai,  supremo,  -  che  in  suo  rigore, 
Fino  air  estremo,  -  temuto  istante, 
Misero  amante!  -  su  noi  pesò. 
Ma  se  col  sangue  -  è  scritta  in  cielo  (piano  a 
La  colpa  orrenda  -  o  Guido  !  un  velo  Guido) 
Su  quella  stenda  -  la  viva  prece, 
Che  per  te  fece  -  chi  tanto  amò. 
Guido.  Invan  colf  opra  -  colia  parola 

Dal  fato  estremo  -  che  a  me  t'invola, 
Sottrarti  ahi  misera  -  invan  tentai, 
Me  pur  vedrai  -  morir  con  te. 
Almen  F  istante  -  per  te  supremo 
A  me  pur  fosse  -  T  istante  estremo, 
Il  duol  che  atroce  -  così  m'  accora, 
Men  fiero  allora  -  saria  per  me. 


51 

Damigelle  e  Coro. 

n     ,     fra  eli  angioli  tu  voli      ,  , 
Or  che       bM,    G.  ,    al  Cielo 

quell  anima  sen  vola 

Lasciando  in  terra        fra°il  velo 
suo  D 

Perdono  e  pace  si  rhiegga  a  Dio 

Se  il  fato  rio  ,t!  condannò, 
la 

L'estrema  prece  -  eh' è  a  lui  rivolta 
Pietoso  ascolta  -  chi  dalla  croce 
Alzò  la  voce  -  e  perdonò. 
Beat.  Io  ti  perdono.  (Dà  uno  sguardo  a  sua  madre, 
poscia  a  Guido,  e  dopo  uno  sforzo  convul- 
sivo, con  voce  spenta  ) 

Addio.  (  S*  avvia  al  patibolo  ). 
Lucrezia  viene  trasportata  semiviva  fuori  della,  Scena 

sorretta  dalle  Suore.  Le  Damigelle  piangono. 
Guido.  Ah!  Beatrice  .  . .  Gran  Dio  . . .  (viene  trascinato 
dalle  Guardie  ). 

(Cala  la  tela) 


Fine  del  Melodramma.